La centralinista entra nel mio ufficio e mi riporta alla realtà.
“Com’è andato il tuo viaggio?”
“Bene”, le rispondo, senza aver davvero voglia di parlare.
“Dove sei andato?”, mi chiede.
“A Labrador”, rispondo. Vedendo la sua espressione accigliata, so già la domanda successiva.
“E dove si trova Labrador?”, mi chiede.
“Nel nord-est del Quebec”, le rispondo, pregando che non mi faccia altre domande.
Ancora una volta la vedo accigliarsi. La sua è la stessa espressione che mi aspetta tutte le volte che torno da un viaggio. Non è cattiva, non può semplicemente capire. E io non intendo spiegarle.
Alla fine, mi dice, “La mia idea di viaggio senza comodità è una settimana all’Holiday Inn!”
Mi forzo di sorridere. Se avessi ricevuto un dollaro per ogni volta che ho sentito quel commento, potrei andare in pensione.
“Da parte di tutti i canoisti, siamo lieti che vi piaccia l’Holiday Inn. Il nord si sta affollando troppo!” (Continua così Dan, renditi ostili tutti, bravo!).
Mi tiro a sedere e allaccio i miei mocassini cuciti a mano intorno alla mia caviglia. Prendo il bollitore, mi alzo e mi stiracchio. L’aria del mattino è fresca e frizzante. E’ il mio momento preferito della giornata. C’è qualcosa nell’odore dell’alba a Nord, l’aria pulita, l’odore di abeti. Posso sentire il fiume Cache sfrecciare a una dozzina di miglia di distanza. Improvvisamente una pernice si dà alla fuga in cerca di un rifugio meno scoperto. Molly salta su alla caccia. Io cammino fino alla riva del fiume e mi fermo, sperando di intravedere un alce. Questa mattina niente. La rugiada bagna i miei mocassini e arriva fino alle mie scarpe. E’ una sensazione familiare, parte del mio rituale mattutino. Riempio il bollitore. Le foglie del tè tornano alla vita e danzano. Appena torno verso la tenda, vedo che non ci sono nuvole. Sarà una splendida giornata…
Patrick, il mio manager, infila la testa nel mio ufficio.
“Com’è andato il viaggio?”, mi chiede.
“Bene”, gli rispondo, pensando che forse farei meglio a chiudere la mia porta.
“C’è qualche corso di golf in Labrador?”, domanda.
“Spero di no!” rispondo, sapendo benissimo che in realtà ce n’è uno a Goose Bay.
“Felici di riaverti qui”.
“Sì… grazie”.
Guardo l’orologio sul muro. Non sono neanche le otto. Non sopravvivrò mai alla giornata.
Faccio scivolare in acqua la mia canoa (link a nostra pagina interna canoa) in legno di cedro e fisso il mio contenitore stagno al centro. Molly salta su e finalmente ci siamo. Abbiamo campeggiato nella riva est del fiume Cache, dove quest’ultimo entra nel fiume Churchill. Durante le ultime miglia la corrente del fiume Cache è forte, così confluiamo presto nel fiume Churchill. In questo tratto, il fiume Churchill è per qualche motivo più stretto e veloce. Quest’area è nota per essere piena di alci, anche se io non ne ho ancora viste. Rimango vicino alla sponda nord, nella speranza di intravederne una. I ripidi pendii e le montagne intorno al fiume Churchill e al lago Winokapau lasciano senza fiato. Una cascata meravigliosa è seguita da un’altra, in particolare lungo la riva nord del lago Winokapau. Non vedo già l’ora della prossima volta che tornerò in fiume…
Bob, un altro collega, attraversa la porta e mi guarda. Sorride.
“Mia moglie, Nancy, la chiama PTD”, ammicca, “Post Trip Depression”.
Bob sì che capisce. Sono stato fortunato ad avere un altro selvaggio canoista come compagno di ufficio. Quante probabilità c’erano?
“Hai ragione”, medito, “Sono depresso. Normalmente inizia l’ultima notte nella foresta. Peggiora durante il tragitto verso casa”.
“Tra due giorni ti passa”.
“Lo so…”, mi lamento, “Faccio fatica a concentrarmi. Sogno tutto il giorno a occhi aperti, passo il tempo a ripercorrere con la mente i momenti del viaggio, anche I dettagli.. Inizierò ad organizzare il prossimo viaggio, di solito mi fa guarire.”
Squilla il telefono. Lo ignoro. Queste persone non hanno un cuore. Grazie a Dio esiste la segreteria telefonica. Sono solo le 7:45 del mattino!”
– Questa storia è stata pubblicata la prima volta da Daniel Jenny nel numero di Luglio 1995 di Canoe & Kayak.